Sullo sfondo l’America degli anni ’40/’50, delle infinite pianure, degli infiniti oceani, del jazz e della bomba di Hiroshima. Del New Deal ma anche dell’incipiente caccia alle streghe del maccartismo. E in quest’America, le vicende eroiche - fatte di persone alcool cameratismo competizione - dell’avanguardia artistica che migrava dall’Europa al nuovo mondo, sono il palcoscenico silente del tormento di Jackson Pollock, il gigante dell’espressionismo astratto e dell’action painting. Sul bianco delle tele, sul bianco del silenzio, sul bianco di una solitudine infinita, Jackson Pollock e Lee Krasner urlano danzano sussurrano la loro simbiosi il loro amore, il loro disperato lento allontanarsi. Pollock non ce la fa a reggere la tensione dell’arte e del successo, risucchiato dall’occhio infantilizzante di una madre reale ed immaginata, dal richiamo a dover essere, dal gigantismo in cui lo proiettano le luci della ribalta, dal gorgo dell’alcolismo. Non ce la fa a cercare solo se stesso. Lee Krasner - compagna e artista non meno importante - pur attratta dal suo fuoco di tenebra, non ce la fa a farlo essere, a non essere. E mentre la nave si inabissa, parte per la propria tristezza. Nasce. Rinasce a se stessa. Non è la fotografia della loro vita, ma una cartografia di fantasmi interiori, la danza post mortem del tormento della relazione, del loro delirio ad essere, tra fusionalità, eros e distacco, nel tormento del parto.
Serena Borelli e Gianni De Feo
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